Alla ricerca delle tracce di colore perdute
Una collaborazione tecnico-scientifica per l’analisi di tracce di policromia su reperti provenienti dall’antica colonia romana di Luni che vede protagonisti la Direzione regionale Musei Liguria del Ministero della Cultura e il CNR ISPC della sede di Firenze.
Lo studio della policromia antica su statue ed elementi architettonici è una delle linee di ricerca da tempo seguite e portate avanti il CNR ISPC della sede di Firenze, grazie alle attività della ricercatrice Susanna Bracci, a cui è stata dedicata una giornata di studio in sua memoria lo scorso 24 maggio 2022, condotte oggi da Donata Magrini.
Gli studi sulla policromia antica risultano importanti, non solo dal punto di vista accademico, ma anche per programmare meglio la conservazione di queste tracce delicate e, dove possibile, valorizzarne la presenza, un aspetto, quest’ultimo, che nel corso di importanti mostre organizzate in Italia e nel resto del mondo si è dimostrato di notevole interesse anche per il grande pubblico.
Le opere vengono indagate tramite un protocollo, ormai consolidato, che prevede l’impiego di strumentazione del tutto non invasiva e portatile. Questi due aspetti sono essenziali quando si studiano tracce di colore spesso rare e di dimensioni molto ridotte, divenute ormai invisibili all’occhio umano. È fondamentale, per la loro salvaguardia, impiegare metodologie di indagine che non prevedano prelievi di campioni della superficie che si sta indagando, in modo da mantenere intatte sia le tracce, sia l’oggetto studiato.
Inoltre, la possibilità di avere strumenti portatili e con un ingombro sempre più ridotto, permette di effettuare le indagini direttamente in situ, senza bisogno di spostare l’opera. Questo particolare permette di raggiungere le opere dove sono conservate, senza bisogno di alcuna movimentazione.
In questi mesi, grazie alla stipula di una convenzione tra la Direzione regionale musei Liguria del Ministero della Cultura e il CNR ISPC di Firenze, è stata avviata una collaborazione per lo studio, la conservazione e la valorizzazione di reperti lunensi che presentano tracce di policromia appartenenti alla collezione del Museo archeologico nazionale di Luni.
Il sito archeologico di Luni, dove un tempo, nel 177 a.C. fu fondata l’antica colonia romana di Luna, rappresenta il principale complesso archeologico di età classica della Liguria per dimensioni, importanza scientifica e ricchezza delle sue raccolte. L’area archeologica consente, oggi, di ammirare diverse aree pubbliche della città romana come il foro, i resti del tempio dedicato alla dea Luna e alcune abitazioni private come, ad esempio, la “Domus dei Mosaici”, così chiamata per la presenza di una ricca pavimentazione in mosaico.
Il protocollo scientifico che viene proposto, ormai consolidato, è basato su una preliminare documentazione delle superfici mediante tecniche di imaging fotografico multibanda per localizzare sulle superfici la presenza di materiali con emissioni caratteristiche negli intervalli spettrali di ripresa e di interesse. Questa fase permetterà di mappare sulla superficie la presenza di alcuni pigmenti che presentano una peculiare emissione di fluorescenza, come le lacche rosse, o evidenziare interventi conservativi. Successivamente, guidati dai risultati ottenuti dalle indagini fotografiche, vengono condotte analisi con tecniche spettroscopiche puntuali, quali XRF, FORS, FTIR, al fine di ottenere informazioni circa le specie organiche e inorganiche presenti.
L’approccio scientifico allo studio della policromia residua è di indubbio aiuto per gli archeologi in quanto consente di ricostruire la tavolozza pittorica impiegata, definire la tecnica pittorica e talvolta di operare confronti con oggetti simili e coevi per ricostruire le scelte dei materiali o valutare eventuali influenze nelle scelte tecnologiche.
Le attività di ricerca scientifica sono condotte da Donata Magrini, Emma Cantisani, Silvia Vettori e Ivana Cerato, ricercatrici della sede fiorentina del CNR ISPC.